RICERCA

La ricerca in psicoterapia, negli ultimi venti anni, ha arricchito le nostre conoscenze sul funzionamento mentale e sul processo terapeutico grazie anche agli studi in discipline confinanti con le teorie psicodinamiche, in particolare gli studi in ambito evolutivo (Teoria dell’attaccamento e Infant Research) e quelli nell’ambito delle neuroscienze.


Relazioni, Sviluppo del Sé, Sviluppo Cerebrale


Un primo punto riguarda il contributo offerto dall'Infant Research alla comprensione dell'importanza che le precoci interazioni madre-bambino, gia' a partire dalla nascita sino a circa i 3 anni di vita, hanno nello sviluppo  del  primitivo apparato psichico, il Se' infantile. Anche se autori come Winnicott avevano già messo in luce la centralità della relazione precoce madre-bambino per lo sviluppo del Sé, gli studi empirici dell’Infant Research hanno mostrato come il bambino appaia dotato sin dalla nascita di precoci capacita' di interagire con la madre che indicano un innato orientamento dell' infante allo scambio relazionale.


Questi scambi interattivi, regolando gli stati affettivi del bambino attraverso un’alternanza fra autoregolazione e regolazione con la madre, contribuiscono alla costruzione di un primitivo nucleo del Sé e vengono progressivamente interiorizzati come modelli di rappresentazioni di relazioni di Sé e dell'Altro. Tali modelli saranno alla base delle relazioni successive nell’adulto. Nella mente emergente del bambino viene dunque a costituirsi una "conoscenza relazionale implicita" [1] costituita da elementi sensoriali, affettivi, aspettative, stati di attivazione fisiologici, che sono  preverbali, inconsci e non possono essere dunque accessibili alla coscienza come ricordi ed esprimibili attraverso il linguaggio.


Considerando questo tema dal versante neurobiologico, sappiamo che gli studi sulla memoria hanno messo in evidenza la distinzione tra memoria implicita e memoria esplicita [2] e le diverse strutture cerebrali implicate. Mentre la memoria esplicita è collegata con l’acquisizione del linguaggio e con la rievocazione autobiografica, la memoria implicita procedurale riguarda l’apprendimento di capacità che vengono memorizzate al di fuori dell’influenza del linguaggio, come ad esempio l’andare in bicicletta o suonare uno strumento. Anche gli schemi precoci di relazione Sé-altro vengono codificati in questo sistema di memoria con il coinvolgimento del nucleo striato, della corteccia motoria, del cervelletto e dell’amigdala. Dal punto di vista psicodinamico questo livello è il cosiddetto “inconscio non rimosso” [3], costituito da elementi non verbali  non accessibili alla coscienza ed alla verbalizzazione. In questa fase viene a formarsi dunque un primitivo apparato psichico legato alla comprensione emotiva, alla regolazione delle emozioni e alle capacità empatiche che risulterà centrale in tutta la vita dell’individuo.


Una conseguenza di questi studi è la visione relazionale della mente [4] e come, sin dalla nascita, la qualità della relazione madre-bambino sia in grado di influenzare lo sviluppo di strutture e di funzioni cerebrali geneticamente determinate, ovvero che elementi del mondo relazionale e psichico siano in grado di influenzare lo sviluppo neurobiologico cerebrale.


Una possibile implicazione terapeutica di queste conoscenze, avanzata da autori che hanno cercato di integrare questi studi con la teoria del processo terapeutico [5], riguarda la comprensione che, oltre ai contenuti narrativi e simbolici suscettibili di verbalizzazioni e interpretazioni, dei momenti della relazione terapeutica ad alta attivazione emotiva che coinvolgono la reciproca regolazione implicita hanno la potenzialità di riorganizzare questo primitivo livello mentale.

Neurobiologia, Disturbi, Psicoterapia


 La scoperta che la vita relazionale ed emotiva dell’individuo influenzi e modifichi la neurobiologia cerebrale non riguarda solo il periodo dello sviluppo infantile ma virtualmente l’intero arco di vita (plasticità cerebrale). In articoli della fine degli anni ‘90 ormai classici, il premio Nobel Kandel ha inaugurato un nuovo orientamento di forte interesse del mondo delle neuroscienze per la psicoanalisi, definita “la visione della mente più coerente e soddisfacente dal punto di vista intellettuale che abbiamo” [6] (anche se l'autore inseriva questa frase in considerazioni più generali di supposto declino della psicoanalisi stessa). Questo filone di studi, che ha visto il coinvolgimento successivo di molti altri ricercatori, ha avuto un enorme sviluppo negli ultimi 15 anni grazie anche a nuove tecniche di visualizzazione cerebrali (brain imaging, neuroimaging), portando alla comprensione di diversi aspetti che riguardano i correlati neurobiologico nei Disturbi e alle scoperte delle modifiche che avvengono in aree e strutture cerebrali a seguito della psicoterapia.


Studi effettuati in Finlandia [7], ad esempio, su un gruppo di paziento con diagnosi di Depressione Maggiore trattati con psicoterapia psicodinamica, hanno dimostrato un cambiamento nei recettori cerebrali della serotonina, uno dei neurotrasmettitori correlati con i disturbi depressivi. I ricercatori di questo studio hanno dunque riscontrato che la psicoterapia porta ad una modifica della struttura molecolare delle sinapsi. In un altro studio [8] effettuato su gruppi di pazienti con depressione, i ricercatori hanno verificato una modifica del funzionamento cerebrale in alcune aree (ippocampo e aree della corteccia cerebrale) dopo un trattamento di psicoterapia cognitivo-comportamentale. Ancora, in una ricerca svolta nell’ambito della terapia psicodinamica [9] i ricercatori hanno verificato cambiamenti nel funzionamento di strutture cerebrali, quali l’ippocampo, l’amigdala e alcune aree della corteccia, dopo aver sottoposto i pazienti a psicoterapia psicodinamica che ha avuto esito positivo.


Considerando ora il tema dei Disturbi, possiamo dire che in questi anni si sono moltiplicate le ricerche neurobiologiche riguardo diversi ambiti psicopatologici. Di particolare interesse sono gli studi sugli effetti del trauma, molto spesso associato alla Personalità Borderline. Le caratteristiche cliniche centrali di questo disturbo grave di personalità riguarda la difficoltà di modulare le emozioni, la frequente presenza di rabbia, l'allarme per un senso di minaccia spesso presente, senso di solitudine, comportamenti impulsivi, difficoltà nell’avere una immagine stabile di sé e degli altri, la ripetizioni di modalità di relazione fortemente problematiche con gli altri, difficoltà nella mentalizzazione, ovvero nella capacità di rappresentare i propri e gli altrui stati mentali (emozioni, intenzioni, credenze),.


Molti studi neurobiologici in questo ambito hanno rilevato la presenza di diversi aspetti disfunzionali cerebrale correlati ai diversi sintomi descritti. Gabbard, psichiatra e psicoanalista americano, riassumendo queste ricerche [10] ha proposto una possibile spiegazione integrata degli aspetti psicodinamici e neurobiologici di questa condizione. Una iperattivazione del sistema neuroendocrino Ipotalamo - Ipofisi - Ghiandole Surrenali (sistema implicato nelle risposte alle condizioni di stress) sembra essere associata alla ipervigilanza  e all’allarme rispetto al senso di minaccia; questo aspetto sembra inoltre collegato all’aumento della normale funzionalità dell’Amigdala (struttura cerebrale correlata alla reazione di paura) e ad una riduzione del normale volume dell’Ippocampo (struttura correlata alla memorizzazione, anche delle esperienze relazionali), ad una ridotta funzionalità di aree della corteccia cerebrale prefrontale (aree che hanno la funzione di modulare le emozioni e che sono collegate alla mentalizzazione). Infine, agli schemi relazionali traumatici che si sono strutturati nel passato sarebbe associato il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore implicato all’esperienza di gratificazione. Questa elemento, insieme alla disfunzionalità dell’ippocampo sopra descritta, potrebbe contribuire a spiegare la paradossale ripetizione di esperienze relazionali avverse di queste persone e la notevole difficoltà nel modificarle.


Le possibili implicazioni nel lavoro terapeutico di questi studi riguardano in primo luogo la spiegazione del lungo lavoro terapeutico necessario alla modifica di questi aspetti. Dal punto di vista neurobiologico, questo dipende dal fatto che circuiti neuronali che sono stati attivati cronicamente hanno bisogno di molto tempo per essere desensibilizzati. In secondo luogo, abbiamo la conferma di aspetti peraltro noti ai clinici, ovvero la necessità affrontare gradualmente i contenuti che possono provocare una eccessiva reazione del sistema emotivo disregolato del paziente. Infine, le evidenze che l'utilizzo di farmaci serotoninergici è in grado di modulare un eccessiva attivazione emotiva può indicare l'opportunità di un loro utilizzo in momenti critici della terapia, consentendo così la prosecuzione del lavoro psichico.


E’ necessario sottolineare come la comprensione che iniziamo ad avere dei correlati neurobiologici di alcuni disturbi, come nel caso sopra descritto, non debbano essere intesi in senso riduzionistico organicistico, ovvero che la causa del disturbo risieda in anomalie del funzionamento cerebrale biologicamente determinato. Ferma restando una base geneticamente determinata delle caratteristiche individuali, i moderni studi neurobiologici indicano come queste anomalie siano in realtà l’esito di esperienze relazionali precoci e/o prolungate estremamente gravi, che hanno influito sulle condizioni  psichiche e sulle disfunzionalità cerebrali.

    BIBLIOGRAFIA

1. Stern D. N., (2005), Il momento presente nella psicoteapia e nella vita quotidiana. Raffaello Cortina Editore.

2. Squire L. R., (1987), Memory and Brain, Oxford University Press, New York.

3. Mancia M., (2007), Psicoanalisi e neuroscienze. Springer Verlag.

4. Siegel D. J., (2001), La mente relazionale. Raffaello Cortina Editore.

5. Beebe B., Lachmann F., M., (2002), Infant research e trattamento degli adulti. Raffaello Cortina Editore.

6. Kandel E. R., (1999), Biology and the future of psychoanalysis: a new intellectual framework for psychiatry revisited. American Journal Of Psychiatry.

7. Karlsson et al., (2013), cit. in Gabbard G. O., (2015), pag. 24, Psichiatria Psicodinamica, V Edizione. Raffaello Cortina Editore.

8. Goldapple et al., (2003), cit. in Gabbard G. O., (2015), pag. 24, Psichiatria Psicodinamica, V Edizione. Raffaello Cortina Editore.

9. Buchheim et al., (2013), cit. in Gabbard G. O., (2015), pag. 25, Psichiatria Psicodinamica, V Edizione. Raffaello Cortina Editore.

10. Gabbard G., Miller R., Martinez M., (2010), Una prospettiva neurobiologica sulla mentalizzazione e sulle relazioni oggettuali interne nei pazienti borderline traumatizzati, pp. 199-220, in Da Mente a Mente, Raffaello Cortina Editore, 2010.
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